sabato 27 agosto 2016

Il salvavita sconosciuto

La caratteristica comune del cibo consumato in tutto il Mozambico è la carenza di vitamine A, B, D, E, ferro, zinco calcio e iodio, carenza che si registra a livello fisico e che porta a soffrire di malnutrizione. La dieta mozambicana  è di tipo ipocalorico, con pochi grassi e proteine e molti carboidrati insieme a cereali e radici e varia a seconda della zona geografica in cui ci si trova.  Mediamente i mozambicani assumono 2085 kcal al giorno (FAO, 2011), ma gli alimenti sono molto poco diversificati e si tende a puntare sulla quantità piuttosto che sulla qualità, mangiando tanto ma senza un apporto nutritivo adeguato.
    Ma una soluzione é stata trovata, la “multimistura”.
La “multimistura” è un composto ricco di sostanze nutritive i cui ingredienti variano a seconda della regione in cui essa viene prodotta e soprattutto in base alla loro reperibilità. Più che di un prodotto si tratta piuttosto di una formula con componenti nutritivi fissati ma composizione flessibile. Essa nasce in Brasile, grazie alle ricerche della dottoressa Clara Takaki Brandão ma sua diffusione è stata possibile grazie alla Dottoressa Zilda Arns, che progettò di agire attraverso la rete capillare della Chiesa per salvare con alimenti di origine “umile”, ma dagli apporti nutritivi equilibrati, i malnutriti brasiliani. 
In Mozambico, è stata introdotta nel paese dalle missionarie brasiliane, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, e il legame linguistico che corre tra il Brasile e il Mozambico ha permesso una comunicazione e delle operazioni efficaci sul territorio.
Per preparare la multimistura si utilizzano i prodotti locali, cercando di comprare il meno possibile e sfruttando ciò che si raccoglie e si possiede. L’assemblaggio degli ingredienti non è però casuale, il mix deve permettere la ripresa dalla malnutrizione, ovvero contenere carboidrati, proteine, vitamine, grassi e sali minerali.
Per quanto riguarda la distribuzione del prodotto essa può avvenire in centri nutrizionali, come quelli fondati dalla Onlus Sole, su iniziativa delle Suore della Immacolata Concezione, gestiti con l’aiuto di alcune giovani donne locali.
Essi si trovano nel Niassa, all'interno della diocesi di Lichinga.
 Le mamme dei bambini malnutriti vi si recano e ricevono, due o tre volte la settimana, la multimistura (in questo caso specifico a base di mais, arachidi, sesamo, fagioli, crusca di riso, manioca, gusci d'uovo, zucchero, olio e acqua). Un aspetto importante è il coinvolgimento dell’intera comunità, dalla costruzione delle semplici capanne alla sensibilizzazione tra le famiglie dell’efficacia del prodotto.
Le donne partecipano attivamente alla preparazione e sono loro stesse le divulgatrici dei benefici della multimistura. La figura femminile assume un’importanza strategica nella lotta alla fame, grazie allo scambio di conoscenze e di informazioni, ma soprattutto grazie all’applicazione delle formule apprese, nell’ambito domestico.
La multimistura ha la caratteristica di essere una formula, ed in quanto tale, è molto flessibile nella sua composizione: gli ingredienti vengono adattati ai contesti di utilizzo; è la valorizzazione di alimenti che, assunti da soli, sono poveri ma insieme costituiscono un ricco apporto proteico. Spesso alcuni “sottoprodotti”, non vengono minimamente considerati come degni di essere consumati e vengono relegati ad alimentazione per animali. Nella multimistura invece, per arrivare alla formulazione più adatta, si ricercano i nutrienti nei prodotti più umili e si tende ad utilizzare tutte le parti delle piante, dallo stelo alle foglie, riscoprendo le proprietà benefiche e applicandole anche nel campo medicinale. Questa formula potrebbe essere utilizzata in maniera tale da permettere sia uno sviluppo dal basso da parte della comunità, ma anche per promuovere una figura fondamentale per la lotta alla malnutrizione, quella femminile. Attività quali l’apertura di centri nutrizionali autogestiti potrebbero portare sia alla guarigione di coloro che sono già colpiti dalla malnutrizione sia diventare luoghi di prevenzione. I vantaggi di strutture del genere si estenderebbero all’intera comunità portando villaggi interi al debellamento della malnutrizione con le proprie forze ed i propri ingredienti e con un costo praticamente nullo.
 
Testo e ricerche di Stefania Chirico

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