sabato 2 aprile 2016

In viaggio sul treno della memoria

Facciamo ieri la nostra prima tappa del treno della memoria. Destinazione Terezin, ghetto e campo di transito e  in cui i deportati sostavano mesi o anni prima di essere mandati nei campi di concentramento e sterminio. Qui sostavano principalmente i dissidenti politici e gli artisti oppositori, un luogo "privilegiato" dunque, dove  le condizioni del ghetto erano meno inumane degli altri: ad esempio veniva accettato che i bambini andassero a scuola e che gli artisti operassero. Abbiamo visto i disegni dei bambini, le opere degli artisti che raffigurano la sciagura del campo a fianco, ciascuno con un nome e una vita, ciascuno mandato ad Auschwitz e quasi mai tornato. Del campo abbiamo visitato le stanzette in cui dormivano ammassate centinaia di persone su letti di legno. Ora sappiamo come si lavavano: doccia fredda mentre i vestiti venivano lavati nell' acqua bollente; al termine strizzavano i vestiti, toglievano i parassiti morti e si mettevano i vestiti bagnati; dopo tornavano a lavorare. Ma Terezin non è importante solo per questo, è importante perché fu la prima e ultima tappa della croce rossa danese che vi andò per controllare le effettive condizioni di vita dei campi. Una volta concordata la data del loro arrivo, i tedeschi hanno attuato un'opera di bonifica del campo, hanno costruito bagni nuovi mai stati utilizzati, dipinto le pareti, e all' arrivo della croce rossa è stata indetta una festa del campo e del ghetto vicino. Così, vedendo che i prigionieri non stavano poi così male, la croce rossa ha fatto marcia indietro ed è ritornata a casa, inconsapevole di ciò che stava realmente accadendo. Al termine della festa tutti coloro che avevano partecipato ai giochi, i bambini che avevano cantato, e le donne riprese dalla telecamera mentre ridevano, furono portati nei campi di sterminio di Auschwitz. 
Rimango impietrita dalla forza della propaganda nazista, dell'inconsapevolezza della gente comune, che si è fatta manipolare così facilmente. Terezin però non è l unica tappa della giornata, ci aspetta Lidice, città completamente rasa al suolo dai nazisti. All' inizio di giugno del 1942, infatti, il diretto erede di Hitler venne assassinato in un attentato a Praga. Durante la tortura degli attentatori venne fatto il nome di Lidice, paesino vicino Praga di poche centinaia di abitanti agricoltori. Dopo 6 giorni l'ordine di Hitler venne eseguito: gli uomini vennero fucilati, le donne portate nei campi di concentramento, i bambini nei campi di sterminio e gasati, la città completamente distrutta e cosparsa di sale perché non vi fosse più vita a Lidice. Tutto ciò per dimostrare al mondo la potenza del regime nazista. Abbiamo fame, sono già le 3 del pomeriggio e non abbiamo ancora mangiato, comincia a nevicare e fa freddo; siamo stanchi. Ma appena entriamo nel museo di Lidice non mi importa più di tutto ciò. Ci sono tutte le foto degli abitanti, vedo i loro volti, uno ad uno, ci sono le fotografie delle loro giornate serene nei campi tra i famigliari e i vicini di casa, ce n'è una di due sposi. C' è la foto della scuola scattata 6 giorni prima del massacro. Ci sono i pochi vestiti rimasti, c e il vestito di una bimba, decorato con ricami. Vedo le foto di tutti gli 88 bambini sorridenti e felici, e poi uccisi senza pietà. Piango. Tutte queste persone hanno un nome, un'esistenza, distrutta dalla ferocia di un sistema in cui loro non c'entravano niente.  Andiamo a vedere il monumento dei bambini nel parco dove una volta esisteva la città. Il monumento è in  onore di questi bimbi e di tutti che ogni giorno diventano "colpevoli" di far parte di un mondo che non hanno deciso loro fosse così. Oggi la città è diventata il roseto più grande d'Europa, per testimoniare la vittoria della speranza sull'odio. Ci fermiamo davanti al monumento, la neve scende fitta, tutto è bianco, il silenzio regna, ma dentro ciascuno di noi vibra un'emozione forte perché siamo con la mente e col cuore in sintonia col dolore e la sofferenza, ma anche col la speranza e la consapevolezza che possiamo testimoniare tutto questo.
Sara, 29 febbraio 2016

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